Marco Albino Ferrari
Il giornalista scrittore sarà protagonista di un incontro pubblico il 9 dicembre a Madesimo.
Quanto è realistico ipotizzare il futuro della montagna, afflitto dalla mancanza di neve e da dinamiche connesse allo spopolamento? Per molti, questo scenario è già attuale. Il
modello economico ispirato al meccanismo “mordi, acquista e fuggi” appare ormai talmente radicato in molte località da indurre operatori e ospiti a riflettere sulla necessità tornare a valorizzare le risorse più autentiche del territorio, rispetto al sistema attuale basato sull’acquisto di molteplici esperienze offerte alla massa.
Un’occasione preziosa in tal senso sarà quella proposta a Madesimo sabato 9 dicembre alle ore 17.30 al Centro Servizi, dove Marco Albino Ferrari sarà protagonista dell’incontro dal titolo “Storie di terre future, Salvare la montagna, insieme”. Giornalista e scrittore, Ferrari attingerà a piene mani dal suo ultimo libro “Assalto alle Alpi” edito da Einaudi, nel quale l’autore riflette sul ruolo e l’identità della montagna, la cui integrità appare sbiadita da un’immagine idealizzata.
“Torno sempre volentieri in Valle Spluga - ci ha raccontato in una lunga chiacchierata questa estate -. Insieme alla Bregaglia, alla Valchiavenna e più in generale a tutta la Valtellina, sono territori che conosco e nei quali mi riconosco”. Ed è proprio rifacendosi al suo attaccamento a questi luoghi, che Ferrari ha raccontato in un libro pubblicato nel 2008 la storia di Ettore Castiglioni, alpinista e scrittore milanese, autore di numerosi salvataggi operati a favore delle vittime del fascismo e deceduto il 12 marzo del ‘44 nei pressi del ghiacciaio del Forno in Valmalenco, dopo una rocambolesca fuga notturna da Maloja. La rivista che dirige, Meridiani Montagne, ha anche dedicato splendidi monografici da collezione, al Pizzo Bernina e alla Via Spluga.
“Queste sono montagne che nella loro asperità, esprimono il senso più autentico della fatica, del sacrificio e anche del pericolo. È un’attribuzione di senso che attinge dallo sguardo con cui osserviamo il tempo e la storia di questi luoghi”. Oggi quella montagna che un tempo era accessibile a pochi, è diventata fruibile anche dal grande pubblico. Ne stiamo perdendo il fascino? “Forse sì. Abbiamo reso la montagna alla portata di tutti, inevitabilmente ne risente l´identità dell’habitat stesso.
C’è rimasto ben poco in grado di trasmettere quel senso di conquista e fascino che erano in grado di esprimere le imprese leggendarie degli alpinisti di inizio secolo scorso. Quel significato oggi si è perduto. Fatica, sudore e competenze non servono più per raggiungere mete divenute alla portata di biciclette o impianti di risalita: inevitabile che questo privi la montagna del suo fascino”. Ma è soltanto una questione di mezzi e tecnologia? “È più una questione di modelli economici. Ci confrontiamo con una montagna che offre emozioni intermediate dall’acquisto di un biglietto, dal noleggio di una e-bike o altro ancora. Nella cultura attuale, se non c’è acquisto, allora manca anche il divertimento. Si sta perdendo il gusto della fatica, della lentezza. È un modello degenerativo che minaccia l’essenza autentica della montagna, oltre che il suo futuro”.
Eppure un compromesso deve essere possibile, non crede? “È molto difficile. Ciò che occorre fare oggi è riflettere su come la montagna sia assalita dalle presenze turistiche, verificando gli effetti che queste attività producono sulle popolazioni che vivono nei paesi e nei villaggi alpini”. Lo spopolamento è parte del destino che riguarda molte località. Una condizione complessa che sembra non avere soluzione.
“Nel mio intervento a Madesimo vorrei parlare di questo. Della necessità di riflettere sulla nuova identità della montagna, sulle prospettive che si aprono all’orizzonte e sull’opportunità di ridefinire modelli di fruizione, anche in considerazione delle trasformazioni che l’habitat alpino sta vivendo a causa dei cambiamenti climatici che lo riguardano”. L’incontro del 9 dicembre a Madesimo offrirà dunque lo spunto per ragionare su come oggi la montagna sia diventata una realtà chiamata a produrre divertimento, spesso senza pensare alla sua biodiversità, agli equilibri ambientali, ai pascoli, all’agricoltura e alle dinamiche sociali di coloro che vivono in questi luoghi. Questo perché forse l’importanza economica del turismo sulle Alpi ha raggiunto livelli sovrastimati, in una realtà che potrebbe offrire ancora molto alle persone che scelgono di restare, nel lavoro, nell’agricoltura, nell’allevamento, nell’artigianato, nella salvaguardia e cura del territorio, nella cultura.