Alla ricerca di luoghi misteriosi in Vallespluga.
Testo e foto di Matteo Lisignoli
Vho, che strano nome porta questo luogo, mi ritorna alla mente un vecchio film che guardavo negli anni ‘70: “Il doctor Who”, una serie televisiva in bianco e nero ora diventata un cult cinematografico di nicchia. Narrava le vicende fantascientifiche di un personaggio affascinante, un po’ enigmatico, che viaggiava nel tempo e mutava la realtà, carico di un’aurea di incomprensibile mistero.
Affascinante e misteriosa è pure la piccolissima località di Vho, adagiata in un quieto piano erboso – forse l’unico prima di giungere a Campodolcino – incastonato tra le austere pareti rocciose che lo sovrastano. Qui si trova la “Scribàita”, un disegno geometrico di grandi dimensioni scolpito nella roccia, che ancora non trova un significato pienamente comprensibile.
Ed ecco la Scribàita nella sua interezza.
Pochi la conoscono e sanno come localizzarla. Si trova sul lato destro della montagna al di sotto della galleria di Stuzzo, ora nascosta da una fitta vegetazione di arbusti.
Molti non sanno nemmeno della sua esistenza, succede spesso così alle cose di non immediata comprensione; essere dimenticate, se non addirittura, escluse.
Nell’avvicinarsi ad essa ci sorprende, da subito, la sua grande dimensione. Di primo acchito, con molta fantasia, si ha la sensazione di trovarsi di fronte ad un’opera fatta da alieni venuti dallo spazio, chissà, forse da un ufo, atterrato per sbaglio a Vho, che si è divertito a disegnare col suo raggio laser linee nette e rettangoli regolari in successione lungo tutta la parete di granito.
Forme che assomigliano più ad opere d’arte moderna, attribuibili forse alle geometrie di Mondrian, o a i cretti di Burri, piuttosto che a lavorazioni artigianali di scalpellini di epoche lontane.
Chissà, di certo questo capolavoro è incredibilmente affascinante, sarà forse per via di quel segreto criptico che conserva; un rebus indecifrabile anche per il più caparbio enigmista e che, ancora oggi, lascia aperte molte incognite.
Chi ha fatto quest’opera? In che periodo è stata realizzata? E soprattutto, qual’è il suo significato?
Non resta che appellarci alle interpretazioni degli storici locali e rimetterci alle loro parole.
“...La prima ipotesi risale al 1930, quando il prof. Ettore Ghislanzoni, soprintendente archeologico per Lombardia e Veneto, pensò a un’opera dedicata a qualche dio, magari a Mitra nel III o IV secolo. Altri parlarono di un lavoro eseguito per ragioni estetiche in epoca romana in prossimità della strada che passava accanto. A sua volta nel 1967 lo stesso professor Guido Scaramellini propose una datazione ben più recente, confortato dal nome attribuitole dalla gente del posto, “Scribàita”, cioè una sorta di scritta e dalla testimonianza di Gaudenzio De Pagave, prefetto della provincia di Sondrio, il quale, scrivendo nei primi decenni dell’Ottocento un libretto sulla carrozzabile dello Spluga appena costruita, afferma testualmente che lì una lapide ricordava quanti avevano voluto e realizzato l’opera. Ce n’è a sufficienza per concludere che quel lavoro di levigatura della parete sia stato eseguito nel 1822, quando fu aperta la nuova strada...”
Seppur con versioni differenti, ciò che raccontano gli storici è confortevole, nessun mistero, nessun ufo, nessuna magia e nemmeno alcuna fantasia. Meglio “stare con i piedi per terra” per leggere correttamente la Scribàita, dotati di razionalità e concretezza.
Si potrebbe però facilitarne la visita, magari rendendo più praticabile l’accesso per poterla osservare meglio. In modo che tutti possano ammirare il suo lato estetico e farne di essa... libera interpretazione.